Torino, aula bunker delle Vallette
Martedì 13 Maggio 2014
Il resoconto della mattinata lo potrete trovare QUI grazie alla giornalista S. Zandiri.
Quelle che seguono sono le illustrazioni che ho realizzato all'interno dell'aula bunker delle vallette a Torino, dalla postazione dedicata al pubblico, cioè lontanissima da dove si svolgeva il processo vero e proprio.
L'aula bunker, con le sue cancellate, i vetri e le gabbie, ha tutto l'aspetto di dover accogliere degli Annibal Lecter o dei Ferox, se fossimo in un'ambientazione di Sine Requie.
Il Maxiprocesso si rifà agli avvenimenti del 27 giugno e del 3 luglio 2011.
Trascrivo un pezzo di Massimo Bonato dal giornale web TgValleSusa:
" Nessuno di essi (dei manifestanti) ha visto pietre volare
il 27 giugno, né il 3 luglio, sia come causa scatenante della pioggia di
lacrimogeni piovuta aui manifestanti da ogni lato, sia dopo, in fuga
nei boschi il 27 o risalento la provinciale di Chiomonte il 3 luglio.
Da tutti emergono sostanzialmente testimonianze identiche.
Si ricorda quindi la fiaccolata della
sera del 26 giugno, la notte insonne trascorsa in attesa del paventato
sgombero, il segnale pirotecnico all’alba che indica l’arrivo delle
Ff.Oo., e i primi lampeggianti sopra a Giaglione; la polizia nella
galleria dell’autostrada e la pinza. Per tutti l’esperienza è stata
simile quel 27 giugno, sia per chi è rimasto al piazzale, come E.L. che
presta la propria opera nell’infermeria della Libera repubblica della Maddalena, sia per chi si è approssimato alle barricate.
Come già emerso, nessuna notifica di
sgombero era stata trasmessa; nessun avvertimento preventivo volto a far
allontanare la gente dai luoghi era stato lanciato, nessuno tentativo
di dialogo era stato possibile. Soprattutto, per tutti la preoccupazione
era che la pinza meccanica in opera sull’autostrada per tagliare la
barriera frangivento potesse far del male a chi si trovava sulla
barricata, sulla quale poi si è abbattuta con disinvoltura, senza
rispetto per l’incolumità dei manifestanti che ancora vi si trovavano
abbarbicati."
Da qui continuano le testimonianze della mattinata e io disegno quel poco che riesco a vedere.
Prima di poter entrare nell'aula dobbiamo venire registrati con carta d'itentità alla mano e perquisiti, alla seconda entrata, da un carabiniere o da una carabiniera, con conseguente svuotamento di borsa e tasche.
A vigilare che tutto filasse liscio, manco a dirlo, degli agenti in tenuta antisommossa presenti in ogni angolo.
Mentre disegno ascolto i testimoni e più di una volta ho la pelle d'oca nel sentire i resoconti di ciò che è avvenuto. Come ho già scritto in precedenza, io -per fortuna- non ho mai sentito sulla mia pelle il soffocamento di un lacrimogeno, o sulla testa, sulle braccia, sulla schiena, una manganellata ben assestata, ma ne posso ben comprendere l'atroce cattiveria se, a distanza di anni, ai/alle testimoni si rompe ancora la voce mentre lo raccontano.
E malgrado tutto l'inferno subito, la domandona in serbo da parte dell'accusa è sempre la stessa: "Ha visto qualcuno che lanciava pietre?"